Salmo XXIV” di Lucia Serracca
Il romanzo di Lucia Serracca, che definirei un mix di triller tra il giallo e l’esoterico, tra lo storico e l’immaginario, mi ha letteralmente affascinata. E considerate, cari amici, che io non amo particolarmente questi generi.
Ma il romanzo di Lucia Serracca è scritto con tanta ricercata maestria che mi ha trascinata nel fascinoso mondo del mistero senza rendermene conto, perdendo di vista la mia realtà nello scivolare con molta facilità da un lontano luglio 1667 a un recente 2017, incuriosita dall’intrigata quanto erudita trama velata di effervescente suspense.
La lettura, che risulta impreziosita di citazioni, di colpi di scena, di risvolti sentimentali in un una affascinante cornice quale la città di Venezia che sorge “dalle acque splendida e sontuosa adorna di cupole dorate e palazzi merlati”, non scade mai nell’ampolloso, nello stile verbisissimo, ostico, anzi mantiene il ritmo, fotogramma dopo fotogramma, proprio come un avvincente sceneggiato a più puntate. Perché Lucia Serracca ha la capacità di intervenire al momento esatto, alleggerendo gli animi, in cui il lettore s’impantana nell’intrigato, claustrofobico mondo dell’ignoto: abilità non da poco, oserei affermare con disinvolta sicurezza.
Il romanzo porta all’attenzione ad alcune delle più affascinanti e complottistice teorie sul mistero della pietra filosofale, la famosa pietra rossosangue, elisir di lunga vita e di trasmutazione dei vili metalli in oro.
La formula “magica” sta nel misterioso “lascito” del maestro Antelami, il musicista vissuto nel 1667 e morto in circostanze misteriose? E cos’altro nasconde l’opera di questo, appunto il “Salmo XXIV”, e cos’altro ancora si cela dietro il suo ritratto, logorato dalle insidie del tempo?
Ma chi era realmente Antelami? Era soltanto un musicista? E chi è la donna, avvolta in uno scialle nero e dai meravigliosi capelli rosso tiziano che si aggira leggiadra e furtiva tra dedali di viuzze a calli? E l’interesse degli eruditi, uomini del nostro tempo, sia per lo spartito ritrovato del “Salmo XXIV” che per il ritratto di Antelami, è soltanto per una disputa accademica?
Nei colori delle maschere, nello stintillio dei costumi carnevaleschi, nel riverbero di una luna annebbiata che si specchia nella laguna, Stefano e Chiara cercano di risolvere l’enigma capitolo dopo capitolo, nel loro lento passaggio da redattori scettici all’incredula ma reale scoperta di dimensioni alchemiche, mistiche, soprannaturali, mondi arcani velati di occulto e di concetti insondabili ai limiti del grottesco.
La lettura preziosa ed emozionante nell’accuratezza dei dialoghi, nella ripetitività dei piccoli gesti trasporta il lettore in un mondo tanto immaginario quanto tremendamente umano.
Ve ne consiglio vivamente la lettura.
“Qvi non intelligit, av taceat, avt discat”
(Chi non è in grado di capire, taccia o impari”
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