NOVITAINLIBRERIA.IT ha incontrato Donatella Pazzelli, scrittrice in forza alla scuderia dell’editore bolognese Pendragon, che ha appena pubblicato il suo secondo romanzo.
Parlaci di te: una piccola biografia
Classe 1969, sono nata e vivo a Camerino, una citta dell’entroterra marchigiano ricca di storia e di tradizioni e sede di un’antica Università, che ho frequentato laureandomi in Giurisprudenza. Sono cresciuta in campagna nella mia grande e unita famiglia Pazzelli, sono sposata e madre di una ragazza di nome Mara. Ho lasciato la professione forense quando ho iniziato a lavorare come dipendente nella pubblica amministrazione, occupandomi di cultura e turismo. Oltre a scrivere, ho una grande passione per il teatro e faccio anche parte di una compagnia amatoriale: le Dieci Donne Mamme Matte.
Come nasce il tuo interesse per la scrittura?
Poco più che diciottenne entrai a far parte della redazione della radio locale e iniziai a scrivere articoli, divenendo giornalista pubblicista nel 1993. Il passaggio da un articolo a qualcosa di più è avvenuto meno di dieci anni, fa quando curai la pubblicazione di un volume sulle tradizioni locali e poi, spronata da un’amica, ho provato a creare una storia e così nel 2015 è uscito il mio primo romanzo: “Gli ulivi di Albanella” e adesso il secondo: “La cosa giusta”.
Parlaci del tuo (ultimo) libro: come è nata l’idea?
“La cosa giusta” è un lavoro che ha avuto una gestazione lunga perché, come spiego nella nota dell’autore, è iniziato alla fine del 2015 sulla scia dell’entusiasmo per l’uscita del mio primo romanzo, ha subìto un arresto di quattro anni a causa del terremoto che ha messo in ginocchio la mia città ed è stato portato a termine lo scorso anno, quando la pandemia ci ha costretti ciascuno nelle proprie case. L’idea è di costruire una storia su un messaggio preciso, che qui è quello di non fidarsi mai delle apparenze. Flavia, accecata dall’odio verso chi ritiene essere l’assassino di sua sorella e abbagliata dallo splendore della perfezione del fidanzato Carlo, preferisce sopravvivere con scelte quasi di comodo piuttosto che cercare di vivere appieno la propria vita.
Anche per il primo romanzo è stato così?
Sì, anche nel romanzo “Gli ulivi di Albanella” avevo una ‘missione’ ed era quella di scardinare il pregiudizio, nel caso specifico quello che condizionava la vita della giovane Chiara di Albanella, paese nel Cilento che ho visitato nel 2018 e che mi è rimasto nel cuore per la grande e affettuosa accoglienza che ho ricevuto.
Qual è il tuo rapporto con i tuoi lettori?
E’ un rapporto di immensa gratitudine perché, in una vita piena di impegni, mi regalano un po’ del loro tempo leggendo i miei romanzi e mi forniscono tanti spunti di riflessione. Presto attenzione a ogni commento e ascolto personalmente o seguo tramite i canali social le varie opinioni, scoprendo punti di vista alternativi e aspetti da me sottovalutati nella concentrazione di portare a compimento la storia.
Come ti descriveresti, come lettrice?
Onnivora e sempre affamata.
Come valuti l’influenza e l’importanza delle reti sociali e della tecnologia per una scrittrice indipendente o comunque che pubblica al di fuori deli colossi dell’editoria?
La tecnologia, e i social media in particolare, hanno rivoluzionato le nostre vite e il modo di comunicare. Questi nuovi mezzi rappresentano senz’altro una grande opportunità per gli scrittori esordienti e indipendenti, che troppo spesso si vedono sbarrare le porte dai colossi dell’editoria, concentrati su altri nomi e su altri interessi. Basti pensare al fenomeno dell’auto-pubblicazione attraverso le varie piattaforme online e agli editori a pagamento per capire quante possibilità ci sono di veder realizzato il proprio libro. Però attenzione, perché l’apertura a manoscritti di premi ‘Nobel’ come a quelli di ‘goliardici del bar’ (per richiamare il memorabile discorso di Eco a Torino nel 2015), senza la valutazione, i suggerimenti e il lavoro sul testo con il personale esperto di una casa editrice, porta alla stampa e alla distribuzione di libri di scarsa qualità che se da un lato soddisfano l’ego di chi scrive, dall’altro non trasmettono nulla a chi legge.
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