MI LIMITAVO AD AMARE TE – Rosella Postorino
Leggendo questo libro sembra strano pensare che negli anni Novanta del Novecento si sia combattuta una guerra ad un passo da noi. Osservando il grande dispiegamento di forze per aiutare l’Ucraina invasa sembra ancora più strano che, allora, non si fece quasi nulla per fermare l’assedio più lungo dopo la seconda guerra mondiale, quello di Sarajevo, per difendere la popolazione civile dalla brutalità dei cetnici serbi, se non mandare caschi blu con regole d’ingaggio inefficaci. È vero che si trattava di una guerra ” civile” – pessimo ossimoro-, ma la ferocia dei serbi impegnati nella “pulizia etnica” (altra espressione brutale) era ben nota.
Nel suo nuovo romanzo la Postorino racconta di madri e di figli travolti da tutto questo.
Madri che scelgono di abbandonare i loro figli per dare loro una possibilità di sopravvivenza, madri che si consegnano ai nemici brutali per riscattare i figli, madri disintegrate dalle granate. Poi ci sono i figli. Figli che assistono all’umiliazione dei genitori, che aspettano alla finestra una madre che non arriva, che vedono in un compagno di sventura più piccolo la sorellina rimasta in patria e per questo se ne fanno difensori, che una volta al sicuro lontani dalla guerra non vogliono imparare la nuova lingua per timore di dimenticare le loro radici, che attendono una lettera o una telefonata al di là dell’Adriatico per continuare a sognare i profumi degli abbracci materni.
E poi ci sono quelli che si credono i ” buoni”, quelli che portano in Italia un gruppo di presunti orfani ( non tutti lo sono; la guerra, semplicemente, ha disperso i frammenti delle loro famiglie), li vestono, li nutrono, li portano al mare, li mandano a scuola, li affidano a nuove famiglie, pensando di avere acquisito con la carità il diritto di appropriarsene.
Furono 46 i bambini a cui furono recise le radici dopo che la guerra aveva già tolto molto. Certamente si arrivò a questo guidati dalle migliori intenzioni, ma a prezzo di grandi sofferenze, ancora, per i ragazzini.
Ho letto che il caso è ancora aperto, perché alcuni genitori bosniaci stanno ancora cercando i loro figli.
La Postorino con questo romanzo, scritto quasi tutto dal punto di vista dei bambini, con intermezzi “adulti” che aprono squarci dolorosi sulla brutalità di quella guerra ( ma non sono tutte così le guerre?), ha il merito di aver portato alla luce questa vicenda dimenticata.
Una lettura che fa male per l’orrore condensato nelle pagine che raccontano la guerra, ma allo stesso tempo fa bene, per tutto l’amore che gocciola dalle parole e dalle azioni di questi bambini e delle loro madri.
Recensione di Maria Teresa Petrone
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