Elisa Tomassi, napoletana e magistrato, è l’autrice dell’antologia Testimonianze (GFE, 2023) una raccolta di storie di vita e spaccati di una realtà che non sempre balza subito agli occhi.
La nostra redazione l’ha intervistata.
Che tipo di libro è Testimonianze?
Una raccolta di quattordici racconti che rappresenta diversi punti di vista dei personaggi protagonisti delle singole storie, in cui si alternano temi giudiziari – svolgendo io la professione di magistrato – ad altri più personali e privati.
Come è nata l’idea di scriverlo?
Il mio pc era ricco di testi, elaborati soprattutto durante la frequentazione di un corso di scrittura creativa, ispirati spesso da fotografie e melodie: anche senza sapere cosa farne, li rileggevo spesso modificandoli e limandoli e ho pensato che sarebbe stato carino che uscissero e vivessero una vita nuova e autonoma.
Quali temi affronti in questa selezione di racconti?
Diversi, ognuno ruota intorno ai protagonisti, mirando a rappresentare la complessità dell’umano sentire e le difficoltà delle relazioni di genere: quasi la totalità delle storie è ambientata a Napoli, vista come città paradigmatica di conflitti e passioni.
Quanto c’è di te e delle tue esperienze personali nei personaggi e nelle vicende dei tuoi libri?
Moltissimo: è inevitabile che chi scrive affronti temi che conosce ma non tutti possono avere l’abilità di Salgari, che riuscì a concepire storie ambientate in paesi esotici e lontanissimi senza esserci mai andato e riuscire a concepire opere di pura fantasia è ancora più impegnativo.
Qual è il tuo rapporto con i tuoi lettori?
Sono convinta che la “relazione” che si instaura tra autore e lettore sia fatta di fiducia, di emozioni, di sentimenti che ingenerano sempre e comunque una forma d’incontro reciproco: il lettore scopre il mondo dello scrittore e ci vive per un il tempo della lettura, ma anche l’autore – specie quello esordiente – riceve dai suoi fruitori stimoli, conferme, spunti di approfondimento o modifica per il futuro, che mi sembrano importantissimi.
Quando e perché hai deciso di diventare una scrittrice?
Sono certa sia accaduto quando avevo circa sette anni: di recente ho ritrovato una vecchia agenda del 1972 su cui la grafia infantile ha lasciato fissati i primissimi tentativi di elaborare delle storie scritte, sulla falsariga delle mie letture dell’epoca, in genere vicende strappalacrime in cui coraggiose giovani eroine sfuggivano, attraverso svariate peripezie, a sorti avverse.
I libri mi facevano già ai tempi molta compagnia, per cui la decisione di trovarmi “dall’altra parte della copertina” è forse scaturita dalla voglia di essere l’artefice stessa della felicità, mia e altrui.
Quali sono i tuoi modelli letterari?
La scrittura che cerco di rendere asciutta e le ambientazioni, per lo più napoletane e popolari, mi fanno sentire ispirata da un autore teatrale come Eduardo De Filippo, da un autore/sceneggiatore come Andrej Longo, oltre che da altri autori partenopei, come Diego De Silva e Alessio Forgione; quanto alle tematiche legate al mondo femminile di certo è stata rilevante la lettura di Quaderno Proibito di Alba de Cespedes e per i racconti a carattere giudiziario ho tratto ispirazione da Gianrico Carofiglio.
E’ facile conciliare l’attività di scrittrice con la vita di tutti i giorni?
Poco: l’attività di scrittrice necessiterebbe un impegno a tutto tondo, constante e ripetuto, mentre la vita quotidiana, comprensiva di un lavoro assorbente e a sua volta ricco proprio di scrittura (sia pure giuridica ma che in ogni caso non può prescindere quasi mai dall’esame dei fatti) si pone in netto contrasto, rubando tempo ed energie – anche mentali – alla prima.
Che tipo di lettrice sei?
Una lettrice compulsiva che predilige in ogni caso la letteratura di testi di approfondimento psicologico in quanto ritengo l’atto del leggere profondamente funzionale alla conoscenza sia di noi stessi che del nostro prossimo, attraverso gli incontri con caratteri, tipi, personaggi diversi che spesso ritroviamo nella realtà di tutti i giorni.
Pertanto leggo in preferenza testi ormai classici non solo italiani ma anche stranieri cercando in ogni caso di alternarli anche a testi di autori contemporanei.
Come sei arrivata alla pubblicazione del tuo libro?
Sono giunta alla pubblicazione con l’editore romano Gianluca Ferrara dopo avere frequentato il corso di scrittura creativa di Antonella Cilento tenuto a Napoli presso Lalineascritta, un’esperienza che mi ha dato molto sia sul piano tecnico che su quello umano. Trascorso circa un anno ho deciso di inviare il manoscritto ad alcune case editrici tra cui la GFE, ricevendo pronto riscontro da parte dell’editore, interessato ai temi affrontati nei singoli racconti, in special modo a quelli di più immediato impatto sociale.
Come valuti l’influenza e l’importanza delle reti sociali e della tecnologia per uno scrittore indipendente o comunque che pubblica al di fuori dei colossi dell’editoria?
Le reti sociali, in particolare i gruppi di lettura su Fb, costituiscono un importante strumento di diffusione pubblicitaria della pubblicazione.
Quali sono i tuoi progetti per il futuro?
Oltre a continuare a occuparmi di recensioni su gruppi di lettura Fb con lo pseudonimo di Jo March, ho in cantiere un memoir che ripercorre la mia storia partendo da quella della famiglia materna di origine. Mi piacerebbe, inoltre, trasformare uno dei racconti contenuti nella raccolta in qualcosa di più ampio, considerata anche l’attualità e l’universalità delle tematiche affrontate.
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