Intervista a Chiara Vittorini, in occasione del suo esordio nella narrativa con Quei Marinai

Intervista a Chiara Vittorini, in occasione del suo esordio nella narrativa con Quei Marinai

Quei Marinai, di Chiara Vittorini (Bookabook, 2024)  è una storia di dipendenza affettiva, di un rapporto violento che dà un illusorio senso di sicurezza, mentre distrugge chi ceca di viverlo.

Elisa, affamata d’amore ma non amata,  non riesce ad amarsi e lasciarsi amare, cercando disperatamente qualcuno che riempia il suo vuoto interiore;  Mattia è terrorizzato dall’amore e questa paura lo costringe a difendersi dai propri sentimenti con violenza e rabbia mentre Gabriele non può permettersi di amare liberamente: a lui, infatti, spetta l’arduo compito di controllare gli esiti ed equilibri di una relazione che si fa sempre più distruttiva e pericolosa.

Un romanzo di formazione che descrive e approfondisce i rapporti in una famiglia disfunzionale, caratterizzato da una narrazione incalzante, che potrà piacere anche ai giovani lettori, poiché coetanei dei protagonisti.

 Chiara Vittorini è una psicologa nata a Napoli, vive a Bordighera e si occupa di libro-terapia: ha esordito nella narrativa con Quei Marinai (Bookabook, 2024), un romanzo drammatico nel quale la scrittrice analizza il fenomeno della dipendenza affettiva attraverso la storia di tre personaggi condannati a un amore “impossibile” e velenoso. L’abbiamo intervistata.

Come è nata l’idea alla base di Quei Marinai?

Quando ho scritto Quei Marinai avevo la necessità di dar voce a qualcosa che mi premeva allontanare da me. Confinare in un luogo specifico ciò che aveva lavorato a lungo dentro e che necessitava di un’autonomia maggiore, per non intossicarmi; cinque anni dopo la sua conclusione ho deciso di condividere quella storia.

Quanto c’è di te e delle tue esperienze personali nei personaggi e nelle vicende dei tuoi libri?

Ritengo che ogni storia che scrivo abbia, in qualche modo, a che fare con me e con il mio vissuto. Con ciascuno dei miei personaggi sento un forte legame, un richiamo profondo e viscerale, come i protagonisti di un sogno che di notte danno voce a parti del nostro inconscio, i cui messaggi trovano parola attraverso di essi.

Qual è il tuo rapporto con i tuoi lettori?

Sono curiosa ed emozionata quando ricevo le impressioni dei lettori. Mi piace parlare con loro, scoprire a quali personaggi si sono sentiti più affini, con quali invece hanno fatto fatica a legare, quali emozioni hanno suscitato le vicende narrate.

Quando e perché hai deciso di diventare una scrittrice?

La scrittura è sempre stata la modalità prediletta con cui esprimermi. Ho sempre scritto, dall’età di dodici anni, e non mi sono mai fermata. All’epoca non pensavo di pubblicare: la scrittura mi era necessaria per mettere ordine al caos interiore, per restituire una forma a ciò che l’aveva persa. Era come respirare per restare a galla. Quando ho deciso di pubblicare Quei marinai è stato per un nuovo desiderio: condividere. Ho deciso di aprire le porte e far entrare la luce: non si trattava più di respirare per restare a galla, ma di respirare per vivere.

Quali sono i tuoi modelli letterari?

Negli anni ho letto di tutto:  sento una forte affinità con Elsa Morante, una figura che ha esercitato (e continua ad esercitare) su di me grande fascino e ammirazione. Il suo stile, i suoi personaggi, la forma del suo immaginario, la poesia di certe sue metafore: tutto nei suoi romanzi mi ha rapito e preso per mano quando ce n’era bisogno.

E’ facile conciliare l’attività di scrittrice con la vita di tutti i giorni?

Non è mai difficile scrivere; il difficile è trovare il tempo per farlo. Tuttavia sono fortunata: il mio è un lavoro meraviglioso che arricchisce e nutre la mia interiorità, permettendomi di restare sempre in contatto con quella parte più umana e fragile di noi, quella da cui originano i romanzi.

Come ti descriveresti, come lettrice?

Sono una divoratrice.  Leggo molto, leggo di tutto; sarà deformazione professionale ma amo leggere perché mi permette di immedesimarmi in storie anche molto diverse tra loro, entrando in empatia con personaggi e vissuti apparentemente lontani da me; vicende strane, bizzarre, individui sfaccettati e immensi come solo gli esseri umani sanno essere.

Cos’è la lettura, per te?

La lettura è un ponte verso noi stessi, la possibilità di leggerci attraverso un altro, di ritrovare parti di noi gradualmente, senza averne paura, senza rigettarle d’istinto; uno spiraglio confortevole per rassicurare angosce e paure, intravedendo soluzioni dove prima sfuggivano.

Come sei arrivata alla pubblicazione del tuo libro?

Ho scelto di pubblicare Quei Marinai mediante una campagna di crowdfunding con la casa editrice Bookabook: non conoscevo questa modalità di pubblicazione ma, dopo un’iniziale diffidenza, mi ha convinto. Dopo la valutazione e approvazione del manoscritto da parte della casa editrice ho potuto condividere il mio progetto con i potenziali lettori, invitandoli ad essere parte integrante del processo di pubblicazione. È stato emozionante vedere quanti lettori si sono mobilitati per far sì che Quei marinai vedesse la luce.

Come valuti l’influenza e l’importanza delle reti sociali e della tecnologia per uno scrittore indipendente o comunque che pubblica al di fuori dei colossi dell’editoria?

Sono da sempre stata molto attiva sui canali sociali; pubblicare in crowdfunding ha significato anche fare affidamento sulla comunità di lettori che si è creata attorno al romanzo, riponendo fiducia nel passaparola, il mezzo più autentico e consolidato per veicolare una storia che ci è davvero rimasta nel cuore.

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