CHISCIOTTE, di Antonio Moresco
“Ecco dove hanno posto i confini del nostro esistere e del nostro sapere, in questa prigione bianca dove tutti si aggirano atterriti e privi di intendimento.”
La lettura di questo romanzo straordinario (oltre all’incredibile e ironica scrittura di Moresco) mi ha lasciato una bella sensazione, uno status, quello della speranza. Letteratura e poesia sono gli strumenti che hanno spinto e sempre spingeranno l’umanità verso la luce, <<questa notte vi sarà una suprema adunanza tra gli spiriti inquieti e i perturbatori del mondo!>> per sovvertire i cuori e le menti cupe, sconfinare oltre gli anni spenti, attraverso l’immaginazione rompendo <<lo specchio in cui siamo imprigionati e passare dall’altra parte>>.
Mica facile come missione! Eppure il Chisciotte di Moresco ce la fa!
Siamo nella clinica, nella clinica psichiatrica del mondo <<perché è il mondo che dà in escandescenze!>> E come dare torto al povero Chisciotte, vestito di una camiciola bianca e larghi scarponi in cui si infilano due stecchi di gambe, sovrastato da un piumato e variopinto copricapo, gli occhi pieni visioni ‘altre’, il corpo magro e il sorriso malinconico e gentile, che vagando per stanze e corridoi cerca in ogni modo di illuminarci, di iniziarci attraverso un magnifico sogno, all’eroismo, alla grandezza e all’amore al grido <<Tutto questo è dentro di me, nel mio petto, e quindi ha ancora un posto nel mondo, nell’universo!>>.
E come ne La lucina, anche in questo caso il l’uomo/Chisciotte/ Moresco si e ci spinge verso la luce attraverso un immaginifico e all’apparenza delirante consesso di poeti e scrittori che non hanno tempo. E’ come se Miguel de Cervantes avesse ridato vita al cavaliere dei mulini a vento ma belligerante contro i mali e i mostri dei nostri tempi, nelle città odierne, nel mondo contemporaneo, con tutte le insidie che si annidano al suo interno.
Ad accompagnarlo una Dulcinea ingessata come in un albume d’uovo che parla attraverso una bocca <<posta tra i suoi arti bianchi spalancati e slanciati, immobilizzati in un gesto di supremo accoglimento>> e un Sancio infermiere grasso tamarro social addicted, maleodorante e tatuato che pare lui <<il più infermo e disturbato di tutti e non riesce a tenere sotto controllo le sue fantasie depravate>>.
Il testo nasce per una sceneggiatura, è comico e tragico, parodia ed epopea del mondo contemporaneo, esilarante e assieme riflessivo <<Be’… sono stato assegnato a lei…>> – farfuglia dopo un po’. <<Lei è fuori di melone, non devo perderla mai di vista …>> <<Ancora con quel melone!>> –sbotta Chisciotte. <<Ma in che idioma parli, che nessuno ci capisce niente!>>
<<Ma che cosa dice? Qui dentro non ci sono poetesse scrittrici antiche, qui ci sono solo zoccole, tossiche fuori di testa, uomini con le rotelle fuori posto, malcagati, fissati …>> … <<Quali miseri occhi hai in quel testone mal sagomato, che vedono solo le parvenze ingannevoli e l’apparire del mondo e non ne riescono a scorgere la quintessenza?>>
Questo Chisciotte incarna l’uomo che non vuole restare incatenato alla realtà e al muto senso della normalità che tutto e tutti annichilisce. Ed è per questo che è (rin) chiuso in un manicomio, il manicomio del conformismo delle nostre vite, un manicomio interiore. Ma per fortuna non è solo, con lui ci sono Dante, Leopardi Dostoevskij, Melville, Kafka, Emily Dickinson che lasciano aperta la porta ad una battaglia epica e ironica contro la razionalità sotto una statua vivente della Madonna. Perché per combattere la battaglia del realismo occorre la follia che solo la fantasia può dare. Serve coraggio e ostinazione e fiducia negli esseri umani. <<Là fuori sono tutti impazziti!>> riprende a gridare Chisciotte, tenuto fermo inutilmente da Sancio. <<Tocca a noi salvarli! Non hanno altri che noi!”>>.
Una magnifica fiaba per la quale lo stesso Moresco ci mette la faccia in copertina perché «Non lo so neanch’io di preciso. Non me lo sarei mai immaginato. Ma la storia che racconto la sentivo talmente mia, che era giusto metterci la faccia. E così ho fatto anche questa corbelleria …».
CHISCIOTTE, di Antonio Moresco
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