Abbiamo intervistato Stefano Butti, autore de Il Manoscritto Del Diavolo
Stefano Butti, nato a Bergamo, è l’esordiente autore de Il Manoscritto del Diavolo (Bolis, 2023), un thriller storico ambientato nella Roma del XVI secolo.
Lo abbiamo intervistato per voi.
Come è nata l’idea alla base de Il Manoscritto del Diavolo?
Dopo aver letto decine di thriller storici, ho deciso di provare a scriverne uno e l’idea dell’ambientazione mi è venuta quando mia figlia mi ha detto che a scuola stava studiando l’età della Riforma, uno splendido contesto del quale ho approfondito lo studio e sono arrivato al momento del conclave del 1555: un’elezione cruciale per la storia della chiesa e di tutta l’Europa.
Cosa ti ha spinto a scriverlo?
La mia passione per la Storia e i tanti messaggi “filosofici” che si nascondono tra le righe del romanzo, la stima per il pensiero autonomo, anche se differente, la complessità nel definire il concetto di “verità”.
Quanto c’è di te e delle tue esperienze personali nei personaggi e nelle vicende dei tuoi libri?
In Frate Gregorio ritrovo molti aspetti del mio carattere e del mio modo di essere, come la passione per i libri e la cultura e la tendenza a “riscrivere” le regole.
Quali sono i tuoi modelli letterari?
Simenon, per la sua capacità di accendere un faro su un personaggio e portarlo fino alla fine del romanzo accentuando l’intensità della luce a ogni pagina che passa; Dostoevskij per la complessità e la profondità del pensiero; Van Dine, per aver dimostrato al mondo che anche la ricerca dell’investigatore può essere qualcosa di intellettuale; Dan Brown, per la capacità di rendere appassionanti le ricerche al tesoro a carattere storico; e naturalmente l’inarrivabile maestro del romanzo storico, Umberto Eco.
E’ facile conciliare l’attività di scrittore con la vita di tutti i giorni?
In realtà, è molto più facile di quello che si possa pensare perché il problema non sta nella quantità di tempo di cui disponi, ma nel modo in cui lo occupi; se la sera non guardi un film, ti trovi improvvisamente con un paio d’ore che puoi dedicare a scrivere, se al mattino ti alzi mezz’ora prima, la puoi occupare scrivendo, senza dimenticare i fine settimana, le vacanze estive e quelle invernali… Se dedichi alla scrittura la metà del tuo tempo libero, hai tutta la possibilità di scrivere un romanzo.
Che tipo di lettore sei ?
Curioso e appassionato, costantemente alla ricerca di nuovi stimoli, ma molto esigente.
Come sei arrivato alla pubblicazione del tuo libro?
Il Manoscritto del Diavolo è pubblicato da Bolis Edizioni, una casa editrice seria e storica, che esiste dal 1833 e che ha creduto nel progetto, senza richieste di pagamenti; avevo ricevuto diverse proposte di pubblicazione a pagamento, ma ho sempre rifiutato perché lo considero un ricatto e, piuttosto, avrei preferito il self publishing di Amazon; mi sembra molto più serio.
Cosa diresti ad altri scrittori esordienti come te?
Non arrendetevi mai! Il cammino di uno scrittore che cerca un editore è disseminato di molti “no” e di molte mancate risposte, ma bisogna insistere. Io ho trovato una fonte di ispirazione nella storia di J.K. Rowling che ha ricevuto rifiuti da dodici case editrici, prima di trovarne una disposta a pubblicare Harry Potter E la Pietra Filosofale. Le case editrici che rifiutano un manoscritto non sempre fanno una cosa intelligente e c’è sempre un tredicesimo editore pronto a pubblicarti.
Come valuti l’influenza e l’importanza delle reti sociali e della tecnologia per uno scrittore indipendente o comunque che pubblica al di fuori dei colossi dell’editoria?
Fondamentale. Far emergere il proprio libro è complicatissimo e solo i canali sociali e gli eventi in presenza ci possono salvare.
Quali sono i tuoi progetti per il futuro?
Sto scrivendo un nuovo thriller storico ambientato nella Firenze di Savonarola.
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