Abbiamo intervistato lo scrittore marchigiano Marco Plebani
Marco Plebani, scrittore di Montefano, dopo il convincente Un Giorno Qualsiasi (OTMA, 2011) torna in libreria con Decimo Dan (Ediz. La Gru, 2022) una raccolta di versi che nel titolo fa riferimento al massimo grado delle arti marziali, qui fatto coincidere con il più alto livello di consapevolezza che la poesia fa raggiungere. Lo abbiamo intervistato.
Come è nata l’idea alla base di Decimo Dan?
Non ho mai pensato che le liriche scritte in quasi vent’anni dovessero formare un libro, ma nel 2009 ho valutato l’idea di raccoglierle e dividerle in sezioni macro-tematiche, grattare via le sillabe inutili, come una specie di scultore, togliere affinché ci fosse più linea ed incisività.
Quanto c’è di te e delle tue esperienze personali nei personaggi e nelle vicende dei tuoi libri?
Il solipsismo è una tara evidente del libro, gli amici dicono di apprezzare le liriche, ma, uscendo dalla cerchia dei conoscenti, una volta un proprietario di una libreria ha rifiutato la mia presentazione perché cercava una poesia più sganciata dall’io, più volta alla somiglianza col linguaggio prosaico, post-poetico, socialmente impegnato e contaminato con l’attualità, quindi non la mia.
Quando e perché hai deciso di diventare uno scrittore?
Ho iniziato a scrivere qualche testo con il mio gruppo rock in età giovanile, anche se l’interesse per la parola scritta si era manifestato già durante l’infanzia, ma è stato solo ai tempi dell’università che ho pensato di iniziare a comporre versi, per quanto acerbi, ma miei; comporre liriche è un’urgenza che mi è servita per placare e zittire un’emozione che, una volta messa per iscritto, non può più nuocere.
Quali sono i tuoi modelli letterari? A quali libri o scrittori/scrittrici senti di poterti ispirare?
I lirici greci, i poeti ermetici come Ungaretti e Quasimodo, ma non nego anche l’influsso di altre correnti come lo Stilnovismo e il Neoclassicismo, soprattutto per il ruolo che la mitologia riveste in alcune mie liriche e essendo marchigiano, poi, considero Leopardi il paradigma di riferimento.
E’ facile conciliare l’attività di scrittore con la vita di tutti i giorni?
Certo, perché è stato solo un hobby che tra l’altro non pratico neanche più.
Come ti descriveresti, come lettore?
Come uno che inizia tre libri contemporaneamente, poi li abbandona tutti e tre ed infine, per senso di colpa, li riprende uno ad uno. Sono un lettore fedifrago, promiscuo e penitente.
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